Il termine whistleblowing, apparso anche nell’ultima versione del principio di revisione ISA Italia 500 a proposito dell’utilizzo delle fonti esterne di informazioni, significa letteralmente “soffiatore di fischietto” ed è utilizzato come metafora del ruolo di arbitro assunto da chi richiama l’attenzione su attività non consentite, o illegali, affinché vengano fermate.
La disciplina del sistema di whistleblowing è stata oggetto di modifica da parte del legislatore comunitario con l’adozione della Direttiva (UE) 2019/1937 del 23 ottobre 2019, che l’Italia era chiamata a recepire nel proprio ordinamento entro il 17 dicembre 2021.
L’obiettivo della Direttiva è quello di creare un sistema di misure comuni a protezione di coloro che segnalano violazioni del diritto dell’UE e creare canali sicuri di comunicazione che permettano di effettuare segnalazioni, sia all’interno di un’organizzazione che all’esterno.
Rispetto alle novità introdotte dalla Direttiva, la legge italiana di riferimento si colloca già in un ambito avanzato. In Italia, infatti, il sistema di whistleblowing è stato introdotto per la prima volta con la legge n. 190/2012 (Legge anticorruzione) ad esclusiva applicazione nel settore pubblico. Successivamente, con l’introduzione della legge n. 179/2017, ne è stata estesa l’applicazione anche al settore privato. Quest’ultima normativa ha novellato infatti l’art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001, introducendo al comma 2-bis la previsione di:
– uno o più canali di comunicazione tali da garantire la segnalazione delle condotte illecite;
– almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire la riservatezza del whistleblower.
Le principali novità della Direttiva per le imprese private riguardano:
- Ambito di applicazione: la nuova Direttiva si applica alle imprese che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di almeno 50 dipendenti, laddove la normativa italiana attualmente vincola la sua introduzione nell’ambito dell’adozione di un Modello Organizzativo ex D.Lgs. 231/2001;
- Segnalante: mentre la disciplina italiana si limita ad individuare le figure apicali e i sottoposti, la Direttiva Europea dà una definizione particolarmente ampia della nozione di segnalante, che si applica “alle persone che lavorano nel settore privato o pubblico che hanno acquisito informazioni sulle violazioni in un contesto lavorativo” (art. 4). Più nel dettaglio, rientrano espressamente nella figura i liberi professionisti, i consulenti, gli azionisti, ex dipendenti, ma la protezione può estendersi fino a ricomprendere anche parenti e conviventi, se dalla segnalazione possono derivare rischi anche per loro;
- Oggetto delle segnalazioni: l’attuale disciplina prevede che le segnalazioni debbano essere circostanziate su condotte illecite rilevanti per il Decreto 231 e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti. La nuova Direttiva invece prevede un oggetto delle segnalazioni esteso a qualsiasi violazione del diritto dell’Unione, per cui la protezione del segnalatore è garantita se il segnalante aveva “fondati motivi di ritenere che le informazioni segnalate fossero vere al momento della segnalazione e che tali informazioni rientrassero nell’ambito di applicazione della presente Direttiva” (art. 6);
- Canali di segnalazione: una importante innovazione contenuta nella Direttiva è relativa all’ampiamento dei canali di segnalazione delle condotte illecite, che può essere (i) interna, (ii) esterna o (iii) pubblica. In particolare, è ammessa la possibilità di procedere alla divulgazione pubblica quando la segnalazione interna o esterna non abbia comportato l’adozione di un’appropriata azione in risposta o allorché il segnalante ritenga che la violazione possa costituire un pericolo imminente per il pubblico interesse;
- Gestione della segnalazione: la Direttiva, a differenza della disciplina italiana, prevede specificatamente una serie di elementi costituenti la procedura di segnalazione, quali (i) avviso del ricevimento della segnalazione alla persona segnalante entro 7 giorni a decorrere dal ricevimento, (ii) termine ragionevole per dare un riscontro, non superiore a 3 mesi a far data dall’avviso di ricevimento della segnalazione e (iii) fornitura di informazioni chiare e facilmente accessibili sulle procedure per effettuare segnalazioni esterne alle autorità competenti.
A conclusione di questa breve disanima si può ragionevolmente affermare che la Direttiva Europea ha introdotto importanti novità nella disciplina del whistleblowing, che acquisisce oggi un ruolo ancora più determinante alla luce della gestione delle risorse europee del Recovery Fund e della necessità di contrasto al malaffare.
Si rileva, tuttavia, allo stato attuale, un ritardo del legislatore italiano nel recepimento della Direttiva, forse riconducibile ad alcuni elementi particolarmente innovativi della nuova normativa (vedasi la possibilità di effettuare segnalazione pubbliche) che richiedono un’attenta disamina delle istruzioni e delle limitazioni da porre in essere per la loro concreta applicazione.
A cura di Jacopo Gonzi – Manager Nexia Audirevi
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