A circa un mese dall’entrata in vigore del nuovo Regolamento Consob che modifica il Regolamento sulla raccolta di capitale di rischio, tramite portali online, i segnali dal mercato dell’equity crowdfunding sembrano essere positivi. Dopo un 2017 che ha segnato il +150% rispetto al 2016 in termini di capitali raccolti – se pur rispetto a volumi esigui (11,75 milioni di Euro nel 2017 contro i 4,3 milioni dell’anno precedente) – a gennaio 2018 sono state chiuse con successo 10 campagne, per un totale di 2,3 milioni di Euro raccolti. Segnale che fa ben sperare nel 2018, che potrebbe rappresentare l’anno della rinascita di un sistema alternativo ai tradizionali canali di accesso al credito. Fino ad oggi, anche per difficoltà di matrice culturale legate alla scarsa familiarità col web, il vecchio sistema ha fatto fatica a decollare nel nostro Paese e propulsione determinante sarà data dalle novità introdotte dal nuovo Regolamento Consob.
Fra le integrazioni più interessanti della normativa è da segnalare l’apertura del mercato dell’equity crowdfunding a tutte le PMI (non più solo start-up e PMI innovative). Tale novità potrebbe mitigare le difficoltà legate all’accesso delle imprese di piccole dimensioni al credito, tramite i canali tradizionali. Secondo quanto riportato nell’analisi del credito condotta da Confesercenti nel 2017, sulla base dei dati della Banca d’Italia, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2016 le piccole imprese hanno visto “svanire” 31 miliardi di euro di finanziamenti. Tra chi ne ha fatto richiesta, sottolinea Confesercenti, le banche hanno preferito concedere il credito alle realtà imprenditoriali di medie e grandi dimensioni. In questo contesto, il successo degli strumenti non tradizionali potrebbe, quindi, essere legato alla capacità di agevolare la valutazione dei progetti delle PMI, in un’ottica di sviluppo delle imprese stesse, prescindendo – almeno in parte – dalle classiche logiche insite nella cultura bancaria generale e, ponendosi, come valida alternativa ai consueti canali di finanziamento.
Un’ulteriore novità introdotta dal Regolamento è connessa alla riduzione degli obblighi di sottoscrizione, da parte degli investitori istituzionali. Dal 5% al 3% degli strumenti finanziari offerti, se la campagna di crowdfunding è promossa da una PMI in possesso della certificazione dei bilanci, relativi agli ultimi due esercizi precedenti all’offerta e redatti da un revisore contabile o da una società di revisione contabile. Se da un lato, la partecipazione obbligatoria di investitori istituzionali può agevolare la realizzazione dell’operazione, fungendo da garanzia per il resto del crowd circa l’affidabilità dell’iniziativa proposta, dall’altro, quest’obbligo potrebbe snaturare il crowdfunding che rischia di diventare uno strumento alternativo per le banche. Emblematica, e allo stesso tempo provocatoria, è la definizione di Piattelli, autore de “Il crowdfunding in Italia”, che lo ha definito “crowdbanking”.
In tema di tutela degli investitori la nuova disciplina pone un obbligo in capo ai gestori dei portali, per la raccolta di capitali on-line. di aderire a sistemi di indennizzo o di dotarsi di copertura assicurativa. Come anticipato alla fine di novembre, i massimali risultano molto più bassi di quelli che erano stati ipotizzati a luglio 2017. In particolare, il Regolamento entrato in vigore lo scorso gennaio prevede “per ciascuna richiesta di indennizzo una copertura di almeno ventimila Euro” e “per l’importo totale delle richieste di indennizzo, una copertura di almeno un milione di Euro all’anno per i gestori che effettuano direttamente la verifica”.
Sempre in una ratio di tutela degli investitori è stata rafforzata la disciplina a presidio dei conflitti d’interesse, nei casi di auto-quotazione dei gestori delle piattaforme di crowdfunding, all’interno del proprio portale. Nel caso in cui il gestore volesse proporre sul proprio portale offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari di propria emissione (o emessi da società controllanti o da esso controllate), è obbligato ad adottare procedure e tools idonei a gestire in maniera efficace il conflitto d’interesse. A titolo esemplificativo, il gestore deve far effettuare da un terzo indipendente la due diligence dell’operazione e, da chi riceve e perfeziona gli ordini, la valutazione di adeguatezza degli strumenti finanziari oggetto dell’offerta.
Ultima principale novità introdotta riguarda l’ampliamento del novero dei gestori di diritto, per includere anche gli organismi di gestione collettiva del risparmio, a differenza del passato in cui la possibilità di gestire i portali di equity crowdfunding era limitata unicamente agli enti bancari ed alle imprese d’investimento.
Se pur sia ancora difficile pensare che il mercato italiano del crowdfunding possa raggiungere le dimensioni di quello anglosassone, storicamente avvantaggiato per motivi culturali, l’apertura del crowdfunding a nuove imprese e nuovi investitori, unitamente ad una rinforzata tutela degli investitori, fa ben sperare in una consistente accelerazione nella crescita di questo settore.
Andrea Moresco, Managing Partner Audirevi TS (articolo Milano Finanza, 16 febbraio 2018).