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Audirevi TALKS (About Economy) 2.0 – Silicon Valley Bank e l’importanza di bilanciare attivi e passivi

Guardando alla recente crisi delle banche americane e alle ripercussioni europee con il crollo in borsa di Credit Suisse e il pronto “salvataggio” da parte delle Autorità Elvetiche, è difficile non pensare al 2008 e alla grande crisi finanziaria innescata dal collasso di Lehman Brothers, con le catastrofiche conseguenze che avrebbe potuto portare all’intero sistema bancario americano, allora considerato “too big to fail”.

Vediamo però perché non è corretto paragonare i fatti del 2008 ai recenti accadimenti e quali sono le principali cause scatenanti di questi ultimi. Innanzitutto, si tratta di crisi molto diverse per dimensione: quelle interessate oggi, sono poche banche americane non appartenenti alla categoria delle grandi banche. Per quanto concomitante (e molto probabilmente accelerato dal proliferare delle notizie), il caso della banca svizzera, va considerato separatamente, sia per origine che per gestione.

Va anche considerato, che in questi 15 anni, i sistemi bancari si sono rafforzati, preparandosi a gestire situazioni di maggiore difficoltà. Ciò che accomuna i due avvenimenti può essere, eventualmente, il regime dei tassi di interesse che ha preceduto queste due fasi della storia dei mercati.

Come oggi, anche nel 2008 arrivavamo da un regime di tassi di interesse molto bassi, che ha portato a un incremento significativo della liquidità in circolazione e al proliferare di strumenti di cartolarizzazione dei crediti di qualità sempre più scarsa.

Se guardiamo ad oggi, però, vediamo che prima della crisi di Silicon Valley Bank e di Signature Bank, i tassi sono aumentati in modo così significativo e così rapidamente da portare a degli squilibri nelle strutture patrimoniali di attivo e passivo, proprio di queste banche poco avvedute sull’equilibrio e sulla composizione delle rispettive poste del bilancio.

Per analizzare ciò che è accaduto, è necessario avere bene presente la struttura patrimoniale tipica delle istituzioni finanziarie, che hanno nel passivo (fonti) i depositi della clientela, liquidità interbancaria, emissioni obbligazionarie e capitale proprio. Mentre nell’attivo (impieghi), hanno liquidità, finanziamenti, mutui immobiliari e titoli.

Il mix delle diverse componenti dell’attivo e del passivo ha subito, nel corso del tempo, una significativa evoluzione, aumentando e diminuendo a seconda delle diverse fasi economiche ed anche in funzione dei cambiamenti intervenuti nella regolamentazione.

Vediamo quindi cosa è successo nei casi Silicon Valley Bank e Signature Bank.

Si tratta di banche che hanno deciso di cogliere l’opportunità di crescere molto rapidamente raccogliendo i depositi di una sola tipologia di cliente, le start-up che raccolti soldi dai VC li depositano in attesa di averne bisogno per l’esecuzione del loro piano di sviluppo – e che quindi dovrebbero essere impiegati in modo flessibile per essere disponibili nel momento in cui i clienti ne fanno richiesta.

Come hanno deciso di impiegare le risorse queste due banche? In un modo apparentemente molto sicuro, li hanno investiti in titoli di stato.

Proprio il rapido rialzo dei tassi di interesse messo in atto dalle Banche Centrali per combattere l’inflazione, ha fatto sì che il corso di questi titoli diminuisse con la stessa rapidità, abbassando di conseguenza il valore degli attivi di queste banche.

Certo la velocità con cui i depositanti hanno deciso di ritirare i depositi è stata inattesa e inaspettata e, probabilmente, nulla sarebbe accaduto se queste istituzioni avessero potuto portare i titoli a scadenza. Ma quello che questi istituti non hanno considerato, è che i depositi possono diminuire con la stessa velocità e, pertanto, non avrebbero dovuto rendere troppo rigidi gli impieghi.

Per concludere, non necessariamente l’equilibrio finanziario (e quindi la solvibilità) di un istituto è legato alla rischiosità degli strumenti in cui impiega le risorse raccolte, ma è importante che queste vengano adeguatamente bilanciate secondo logiche che tengano conto, anche, dell’orizzonte temporale e del grado di flessibilità di fonti e impieghi.

A cura di Alessandro Fornara – Senior Manager Nexia Audirevi 

 

 

 

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