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Audirevi TALKS (About Economy) 2.0 – Il ruolo della PFN nella valutazione dei Deals

Anche se talvolta trascurato a favore della normalizzazione della redditività, il calcolo della Posizione Finanziaria Netta rappresenta una leva fondamentale per la valutazione e valorizzazione dei deals.

Come è noto, non esiste una definizione univoca di Posizione Finanziaria Netta, concetto che esula dall’ambito puramente contabile pur trovando ampio impiego nella prassi, specialmente con riguardo alle operazioni straordinarie.

Quest’ultima viene definita da Borsa Italiana come «totale dei debiti finanziari, sia a breve sia a lungo termine, al netto della cassa e delle attività finanziarie in portafoglio e facilmente liquidabili»: questa definizione tiene conto, tuttavia, solo di elementi puramente “contabili”. A fini negoziali, il concetto di PFN nell’ambito dei deals e delle valutazioni deal-related include, tipicamente, elementi “ibridi”, i cd. “debt-like items”, la cui classificazione contabile tende a non mettere in risalto la natura sostanzialmente finanziaria di tali poste. Anche per questo, il calcolo della PFN negoziale è spesso oggetto di controversie circa l’interpretazione delle clausole contrattuali propria di ciascun contraente, in particolare in sede di aggiustamento del prezzo tramite calcolo della PFN al closing.

Stante la soggettività insita nel processo, nella pratica, la corretta determinazione della PFN cosiddetta “adjusted” nell’ambito dei deals presuppone alcuni accorgimenti, tra cui:

  • fare riferimento alle condizioni espresse nel contratto per la determinazione del prezzo d’acquisto: è importante, in ottica valutativa anche ai fini del calcolo del price adjustment, valutare gli elementi della PFN alla luce di quanto, in maniera più o meno esplicita, risulta già incluso, e quindi scontato, nel prezzo, sempre con riferimento alla metodologia applicata: esempio classico è la considerazione del debito per leasing finanziario quando il relativo costo risulta escluso dall’EBITDA negoziale;
  • tenere a mente gli aggiustamenti proposti per l’EBITDA, onde evitare il rischio di duplicazioni e accertarsi, nel contempo, che siano inseriti a rettifica gli elementi esclusi dall’EBIDA adjusted: esempio più classico è il TFR, tipicamente incluso tra i debt-like items in quanto passività formatosi in diversi esercizi che, quindi, non ha concorso se non in minima parte alla formazione dell’EBITDA di periodo;
  • prestare attenzione alle passività potenziali, anche inespresse, sulla base della natura sostanziale delle stesse: oltre alle classiche passività di natura fiscale o legale, si possono citare elementi più atipici quali le passività legate alla necessità di ricapitalizzazione per le società in deficit patrimoniale (che si traducono in minori dividendi attesi per i buyer) o la valorizzazione degli investimenti attesi;
  • valutare l’effettiva rappresentatività della PFN alla data di riferimento rispetto ad una situazione di normale operatività della società target, normalizzando il working capital di conseguenza.

A cura di Annalisa Vitali – Junior Partner Nexia Audirevi 

 

 

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