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Audirevi TALKS (About Economy) – “Derivati MPS: il Tribunale di Milano condanna anche la Società e critica l’operato dell’OdV”

La sentenza n. 10748 della sez. II del Tribunale di Milano rappresenta una pietra miliare in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, posto che detta precisi criteri per riconoscere l’effettività e l’adeguatezza dei presidi di cui all’art. 6 D.Lgs. 231/2001.

Nel procedimento penale in esame, i Giudici hanno contestato – e poi condannato – il Presidente del CdA, l’Amministratore Delegato e Direttore Generale, nonché il Presidente del Collegio Sindacale per i reati di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c. e manipolazione del mercato ex art. 185 TUF, nonché contestato alla stessa Società la violazione degli artt. 25-ter e 25-sexies del D.Lgs. 231/2001 in relazione ai medesimi capi di imputazione.

Come affermato dai Giudici meneghini, il management della Società, con l’intenzione di ingannare i soci ed il pubblico, al fine di garantire alla Banca ingiusti profitti, alterava i bilanci sociali attraverso l’erronea contabilizzazione delle operazioni di finanza strutturata (cd. operazioni Alexandria e Santorini), rappresentando agli investitori un artificioso scenario societario rassicurante, che ispirasse affidabilità e stabilità patrimoniale. Mediante la divulgazione al pubblico di tale fittizia situazione di solidità, non corrispondente al vero, le condotte fraudolente si orientavano ad occultare i «rischi connessi all’esposizione in derivati di credito che avrebbero esposto la Banca alle imprevedibili oscillazioni di mercato, destinate a impattare sul risultato d’esercizio», provocando una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari.

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto la penale responsabilità non solo degli apicali della Società, ma anche dello stesso istituto di credito ai sensi del D.Lgs. 231/2001, secondo le seguenti argomentazioni:

  • mancata idoneità del Modello Organizzativo adottato dalla Società: la Banca risultava sprovvista di «accorgimenti organizzativi concretamente idonei a prevenire il rischio criminoso». In particolare, da un esame del sistema dei presidi 231 il Modello Organizzativo è stato definito assolutamente inidoneo, anche dopo l’aggiornamento intervenuto, posto che la mappatura delle aree a rischio, gli specifici protocolli diretti alla prevenzione dei reati, gli indispensabili flussi informativi verso l’OdV nonché il sistema disciplinare difettavano dai principi essenziali del D.Lgs. 231/2001;
  • insufficiente operatività dell’Organismo di Vigilanza: nonostante la continuità d’azione e la nomina di «professionisti di elevato spessore e comprovata esperienza», nel periodo di interesse – oggetto del procedimento – «l’Organismo di Vigilanza ha assistito inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d’atto, nella vorticosa spirale degli eventi (dalle allarmanti notizie di stampa sino alla débâcle giudiziaria) che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato». Infatti, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
    • fino al 2012 la Banca era priva di un organismo di vigilanza istituito ad hoc per le incombenze di cui al D.Lgs. 231/2001, posto che originariamente i compiti di vigilanza erano affidati a un comitato di controllo interno;
    • a seguito delle ispezioni di vigilanza di Banca d’Italia, l’Organismo si è limitato a richiedere copia della documentazione rilevante, ma non vi è prova dell’effettivo inoltro degli atti richiesti né di attente riflessioni sul tema;
    • ricevuta la notizia della notifica dell’avvio del procedimento giudiziario da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, sia con la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, sia successivamente con la richiesta di rinvio a giudizio, l’OdV non si è premurato di chiedere ulteriori informazioni, né di disporre indagini conoscitive sul tema contabile oggetto della contestazione giudiziaria.

Nel caso di specie, il Tribunale, nel riconoscere la responsabilità della Banca, ha espresso un giudizio di inidoneità del Modello adottato, valutandolo inefficace e inadeguato.

Quanto all’Organismo di Vigilanza, il Tribunale ha ritenuto che lo stesso, pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, abbia sostanzialmente omesso i dovuti accertamenti, funzionali anche alla prevenzione dei reati.

Così, il Tribunale di Milano non ha potuto che rilevare l’omessa (o almeno insufficiente) vigilanza da parte dell’Organismo, che fonda la colpa di organizzazione di cui all’art. 6, D.Lgs. n. 231/01.

In conclusione, questa sentenza riporta alla luce la necessità rivedere, adeguare, attualizzare e rinnovare, il Modello Organizzativo, sia in senso formale che sostanziale, in termini di capacità a contrastare efficacemente i rischi identificati, nonché di approfondire il contenuto degli obblighi di vigilanza e verificare la corretta operatività degli OdV al fine di ottemperare ai principi del D.Lgs. 231/2001.

 

Cristina Bucci

 

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